Napoli, 1 novembre 2011 – Che la morte sia un affare, soprattutto per la criminalità, sia ben inteso, è un dato risaputo. Il caro estinto è “caro” non soltanto per una questione puramente affettiva. Ma che il dato lo snoccioli un alto prelato, la cosa colpisce. Parola di arcivescovo, quello di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Che dall’altare allestito dinanzi la chiesa monumentale del cimitero di Poggioreale, alza la voce mentre recita l’omelia quando dice che “la morte – testualmente – per alcuni è diventata motivo di arricchimento illecito”. Pausa ad effetto e ripresa del concetto, con tanto di argomentazione. Perché la morte – aggiunge Sepe – si trasforma in un vero e proprio sistema affaristico per la camorra e la malavita che, come sempre, colpisce i più deboli”.
Ma c’è dell’altro. L’arcivescovo partenopeo ci tiene a ricordare come la chiesa di Napoli sia impegnata e stia lavorando, e da tempo, per riorganizzare il sistema delle arciconfraternite con assoluta trasparenza, “così da normalizzare tutte le attività connesse alla sepoltura dei defunti”.
Di fronte a sé, il cardinale di Napoli ha una platea fitta fitta di istituzioni. Su tutti, il prefetto di Napoli, Andrea De Martino, e il sindaco Luigi De Magistris, alla sua prima messa di Ognissanti. Il primo cittadino si sente tirato in ballo, nell’accorato appello che Sepe pare aver rivolto proprio alle autorità presenti e non. “Lavoriamo per impedire alla camorra di infiltrarsi ovunque – fa sapere De Magistris – l’appello del cardinale rafforza il nostro operato e noi – conclude il sindaco – andiamo avanti”.
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