Pompei, 27 ottobre 2011 – Il crollo c’è, ma non si vede. Anzi sì, ma non dove l’avevano segnalato. Perché il crollo, l’ennesimo di una città antica che si sbriciola, sembrava un giallo, un mistero, un’invenzione dei sindacalisti subito smentita da, in ordine di apparizione, carabinieri, Sovrintendenza e, ultimo ma solo, si diceva, per apparizione, il ministero dei Beni culturali. Pompei crolla, si sbriciola sotto le ultime piogge incessanti, anche se a volte di piogge bastano pure soltanto le prime. E riecco un nuovo bollettino di crollo. La segnalazione è della Uil, che indica il cedimento nella Domus di Diomede. Tutti allertati, Arma e periti della Sovrintendenza. La Domus è intatta, come può esserlo una casa dell’antica Pompei. Tutto falso, allora. E smentita ufficiale. Ma il crollo c’è, e si vede. Basta fare quattro passi lungo gli itinerari del Parco archeologico, che ci si ritrova al cospetto del cedimento che c’è stato. In malta, tufo e calcinacci. A sbriciolarsi è toccato alla murazione di un pozzo interno all’edificio 41 della via Consolare. Ricostruito anche il perché dell’ equivoco. Il crollo era stato segnalato dai custodi, fa sapere la Uil, “in un tratto della via consolare identificato tra la Domus di Diomede e la Domus di Cicerone”. Da qui, sottolinea il sindacato, “potrebbe essere sorto l’equivoco sulla prima segnalazione”. Dunque, nelle intenzioni non c’era quella di creare allarmismo, come si era immaginato quando la prima segnalazione non aveva trovato conferme. Resta l’allarme. L’antica Pompei perde pezzi. Per di più, la sicurezza di chi la visita ogni giorno è a rischio. Il tutto, all’indomani dell’annuncio del ministro Galan che a piovere ora su Pompei, piogge a parte, saranno milioni europei. Ben 105 per restituire dignità agli Scavi. In attesa della visita del commissario Hahn, che sarà accompagnato proprio da Galan. Visita rinviata di un mese, date le condizioni avverse del tempo. E nel timore, sostengono i soliti detrattori, che al delegato europeo consigliassero di tenere aperto l’ombrello per ripararsi dalla pioggia, ma pure dai calcinacci della città che crolla.
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