Marano, 22 ottobre 2013 – Si sarebbero dovuti svolgere nella mattinata di oggi i funerali del boss di Marano Angelo Nuvoletta deceduto sabato notte in un ospedale di Parma a causa di un tumore, mentre scontava l’ergastolo. Invece è arrivato il veto di Questura e Curia che hanno deciso di evitare i funerali pubblici soprattutto per questioni di ordine pubblico. Il rito si sarebbe dovuto celebrare nella Chiesa della Madonna della Cintura di Vallesana a pochi passi dalla storica tenuta del boss a Montesanto. Lui, Angelo Nuvoletta detto “Giggione” è tra i mandanti dell’omicidio del giovane giornalista del Mattino Giancarlo Siani assassinato il 23 settembre del 1985. La colpa del cronista, aver indagato sui rapporti tra i clan di Marano e firmando quegli articoli firmava anche la sua condanna a morte. Nella giornata di ieri Marano erano anche comparsi i manifesti funebri che annunciavano le esequie e che sui aprivano con la frase “Sono finite le sofferenze di Angelo Nuvoletta”, forse con un tono polemico quello dei familiari che hanno sempre creduto che il loro congiunto potesse essere curato altrove per il suo cancro. A spiegare la vicenda è lo stesso parroco che avrebbe dovuto celebrare il rito funebre, Don Salvatore Trionfo: “In un primo momento sono stato contattato dai titolari dell’agenzia funebre e abbiamo stabilito l’ora della celebrazione, ovvero le 11 di oggi. Poi subito dopo ho ricevuto la telefonata del decano dei parroci di Marano che mi informava della disposizione di Questura di Napoli e Curia di non celebrare il rito”. Nessuno pare essersi indignato più di tanto per la scelta delle istituzioni anche perché già in altre occasioni il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe aveva annunciato che non ci sarebbero stati funerali religiosi per i camorristi. Interpellato sulla questione Sepe ha risposto di essersi semplicemente attenuto alle disposizioni istituzionali. Ora la salma del boss dei boss che per primo strinse legami con Cosa Nostra verrà cremata e Don Salvatore dichiara che benedirà le ceneri se la famiglia dovesse chiederlo, “Del resto”, dice il parroco,“siamo tutti peccatori e non possiamo giudicare il prossimo. Io”, conclude, “in qualità di sacerdote mi atte go alle regole dei miei superiori ma il mio dovere è invitare al perdono e alla tolleranza”.
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