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Domenica 24 Novembre 2024

Il consigliori di D’Alema e il fango che non ferma la battaglia per spegnere la Terra dei Fuochi

 

Il titolo era stato “fuochisti di professione”. Ma non sono piromani i fuochisti di Claudio Velardi, imprenditore della comunicazione, una vita nella sinistra comunista, assessore al servizio al servizio di Bassolino governatore, consigliere al soldo di D’Alema premier, salvo curare la fallimentare campagna pidiellina per fare dell’industriale Gianni Lettieri, sindaco di Napoli. Salì de Magistris. Ma ora vanno di moda i rifiuti, anzi, “va di moda – scrive lui –  don Patriciello. Sul suo cliccato blog, il comunicatore Velardi chiarisce fin dall’incipit chi ha nel mirino. Dando del “fuochista”, nientemeno, che al parroco che contro i roghi, quelli dei rifiuti tossici, si batte in prima linea. “Il piccolo sciacallo” che ai termovalorizzatori “preferisce celebrare il funerale di una bambina” uccisa dal cancro. Proprio così, non aveva lesinato complimenti Velardi, parlando del “prete vestito d’azzurro”, ma pure di nero, talvolta, “che organizza e dirige cortei contro i roghi, contro i termovalorizzatori, contro i politici, lo Stato, contro tutto”. Proprio Maurizio Patriciello, il simbolo della lotta ai veleni sversati nel sottosuolo delle “Terre dei Fuochi”, come fu battezzato il coordinamento di cui il “don” di periferia è tra i fondatori. Eppure dovrebbe essere chiaro che qui fare battaglia per avere terre pulite, terre che non uccidano, vuol dire battersi contro un sistema di lobby, affaristi, spregiudicati e insospettabili colletti bianchi e pure la camorra, che ne è il terminale operativo. Ma per Velardi don Maurizio è solo che “va di moda”. Anche se di recente pare andare di moda scagliarsi contro quest’uomo e chi lotta al suo fianco. Ancora campeggia il tweet di Mario Adinolfi sulla gente “che ha taciuto” mentre la camorra inquinava, per questa ragione definita “popolo di merda”. Velardi, invece, ce l’ha col prete delle cui “imponenti mobilitazioni che lancia non si conoscono gli obiettivi. Perché i cumuli di immondizia sono lì, a marcire per strada, per congiunte inadempienze di amministratori incapaci e di gente incivile. Perché i roghi che seguono non vengono appiccati dallo Stato ma dai cittadini”, salvo chiarire, a scanso di sommosse di popolo, “che siano più o meno camorristi, ce lo dicano le autorità competenti, nel frattempo i cittadini perbene denuncino”. Per poi giungere, finalmente, al vero nocciolo della questione, quello attorno al quale si muovono un bel po’ di interessi e sul quale si sta giocando la battaglia delle battaglie, politica prima ancora che di popolo. “L’immondizia da qualche parte va smaltita – scrive l’ex consigliori di Massimo D’Alema  – o fai i termovalorizzatori oppure fai arricchire con i nostri soldi olandesi e tedeschi, che con la monnezza campana bruciata ci campano (e bene, fino a prova contraria)”. Ecco l’obiettivo: l’inceneritore che, vuoi o non vuoi, per Velardi s’ha da fare. E basta – è la chiosa – con “ragazzi che giocano alla rivoluzione”, Zanotelli che si materializza ovunque ci sia un casino, donnone da pubblico televisivo, politici colpevoli che salgono sul carro, associazioni di produttori che lanciano l’allarme. Tutti in corteo, per “gridare la rabbia”. Quanto al da farsi, se ne occupino altri: Stato, regione. Purché portino altrove la monnezza”. E don Maurizio, cosa dice di tutto questo il “piccolo sciacallo” in tunica azzurra? Nulla che distolga l’attenzione dalla vera lotta, quella per la vita. In un lungo post, ha ricordato, come se fosse necessario, che la monnezza contro cui si si batte “non è la monnezza della nonna” ma è “monnezza industriale. Monnezza tossica e nociva”.  E, a proposito dei funerali citati da signore della comunicazione,  “si possono sopportare tante cose – scrive don Maurizio – la morte dei bambini no. Anche ai preti, davanti alle bare bianche, si inceppa la parola”. Dunque, sarà ancora lotta “ Rinunciando – chiude il sacerdote “fuochista “ ad ogni violenza. Anche a quella verbale”. Scrisse e mise in versi un tizio che di cognome faceva De Curtis: “Nuje simm serieappartenimm’ a morte”. E a quelli che muoiono “avvelenati” dalla loro stessa terra. Purtroppo.

 

(giuseppe porzio)

 

 

don maurizio patriciello

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