Napoli, 12 ottobre 2013 – Siamo alle solite. Gli impianti per lo smaltimento, considerati logori e vetusti, non vanno fatti. E comunque, nessuno li vuole di fronte a casa sua. Dunque, serve l’alternativa. Che passa per i compost, una politica di energie rinnovabili, per la raccolta differenziata sulla quale deve essere investita ogni risorsa. Ma neppure tutto questo viene fatto. Risultato: l’emergenza rifiuti non può che riaffacciarsi alla finestra della Campania. A cominciare da Napoli, dove s’è capito che l’obiettivo del 75% di differenziata non poteva che essere uno slogan elettorale di Luigi De Magistris, e poveri quanti hanno creduto alle parole di un sindaco che dà la colpa ai debiti del passato ed ai poteri oscuri. Salvo precisare, da Satana a scendere, chi li detiene questi poteri a Napoli. Nel frattempo, si materializza ancora una volta lo spettro dell’emergenza rifiuti. L’equilibrio è precario. Basta un dettaglio, un ingranaggio che si ferma. E l’ingranaggio in questione è lo stir di Tufino. Sfidando tutto e tutti, ieri il sindaco del piccolo comune nolano, Antonio Mascolo, con un’ordinanza ha disposto la chiusura “a tempo indeterminato” dell’impianto di tritovagliatura. Una decisione adottata a seguito di controlli nell’impianto effettuati nei giorni scorsi e che è costata al primo cittadino un avviso di garanzia per interruzione di pubblico servizio . Nello Stir vengono convogliati i rifiuti indifferenziati provenienti da parte della città di Napoli e da altri 62 comuni della provincia. Appena si è diffusa la notizia il consiglio provinciale ha approvato un ordine del giorno in cui chiede al prefetto di riaprire, con i suoi poteri, l’impianto di Tufino. I consiglieri provinciali Mimmo Giorgiano (Pd) e Giorgio Carcaterra (Sel), promotori dell’ordine del giorno condiviso anche dal presidente della giunta, Antonio Pentangelo, dall’assessore all’ambiente Caliendo e dagli altri consiglieri, definiscono “gravissima” la situazione, che “potrebbe precipitare rapidamente se non ci saranno gli interventi necessari”. Le conseguenze fanno tremare i polsi e per pronosticarle non ci vuole la zingara. Chiudere Tufino equivale a determinare una nuova e devastante emergenza per i 62 comuni che sversano ogni giorno in questo impianto. “Così li altri impianti, che si vedranno arrivare 700 tonnellate di indifferenziato, andranno in crisi in 2-3 giorni”. Parole di Enrico Angelone, amministratore unico della Sapna, società della Provincia che gestisce l’impianto di tritovagliatura di Tufino. “Per questa ragione abbiamo presentato un ricorso e una denuncia alla Procura di Nola”, ha aggiunto Angelone. Ma il sindaco Mascolo non si fa intimidire. Anzi, rilancia a parole sue: “Neanche morto – ha informato – mi faranno riaprire quell’impianto”. E allora cosa accade. A Napoli il Comune può utilizzare la ciambella di salvataggio del sito di trasferenza di San Giovanni a Teduccio, che ha una capacità di circa 2mila tonnellate di rifiuti, ma che già ne ha accumulati i primi 800. Dunque, tempo tre giorni e per strana torneranno i cumuli e l’emergenza. Mentre la differenziata ancora non ha raggiunto neppure quota 30%.
(giuseppe porzio)
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