Napoli, 11 dicembre 2012 – Finivano nella discarica ”Scafarea” di Giugliano in Campania, i rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord Italia e, in particolare dell’Acna, acronimo di Aziende Chimiche Nazionali Associate, di Cengio, in provincia di Savona, chiusa nel 1999. L’azienda produceva quasi esclusivamente coloranti e pigmenti organici per uso industriale (tessile, cuoio e materie plastiche), sostanze particolarmente inquinanti. Centinaia di migliaia di tonnellate di scarti altamente tossici finite nelle discariche a Nord di Napoli grazie a un’azienda dello storico boss del clan dei Casalesi, Francesco Bidognetti, soprannominato ”cicciotto ‘e mezzanotte”, attualmente detenuto in regime di carcere duro. Secondo la Dia di Napoli, che ha coordinato le indagini, Bidognetti, tra la fine degli Anni 80 e la metà degli Anni 90 avrebbe smaltito illegalmente in alcune discariche a Giugliano di Napoli, attraverso la società Ecologia 89 che dirigeva, oltre 800 mila tonnellate di rifiuti.Rifiuti che avrebbero prodotto 57 mila tonnellate di percolato che avrebbe poi avvelenato le falde acquifere. Il provvedimento notificato a Bidognetti, è scritto in una nota della Dia, «ricostruisce anche le responsabilità di Cipriano Chianese, Gaetano Cerci e Giulio Facchi (ex subcommissario all’emergenza rifiuti), nei cui confronti il giudice riteneva assenti le esigenze cautelari». Chianese e Cerci sono ritenuti, insieme a Bidognetti, «organizzatori della programmazione ed esecuzione criminale». Oltre al disastro ambientale causato da Bidognetti, è stato anche accertato un grave inquinamento della falda acquifera sottostante la discarica. Le acque avvelenate venivano utilizzate per irrigare le colture e anche per scopi alimentari, non solo dalle popolazioni locali, ma anche da quelle residenti in zone extraprovinciali, che hanno potenzialmente assunto sostanze cancerogene.Gli esperti della procura hanno calcolato che la contaminazione da percolato potrebbe produrre effetti nocivi sulle popolazione, in particolare sui bambini, ma anche sull’agricoltura, che in zona è ancora molto praticata, fino al 2080.
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