Napoli, 15 novembre 2012 – La guerra è aperta. Due città del mare vogliono accaparrarsi le vele più celebri. Ad ora, Napoli batte Venezia 1-0. Ma la gara appare ancora aperta. Già, perché la città lagunare non ci sta affatto a rinunciare alla Coppa America. E dopo averla promessa, dichiara battaglia. Le date comprese tra il 16 e il 21 aprile erano state decise per contratto nei primi giorni di settembre 2011 e, per il sindaco veneziano Giorgio Orsoni, i contratti vanno rispettati. Per questo ha dato mandato all’Avvocatura di vagliare la situazione, per poi decidere a bocce ferme. “Fino all’ultimo gli americani ci hanno chiesto soldi – dice Orsoni – mentre noi abbiamo detto loro che c’è un contratto che disciplina le prestazioni reciproche. Ieri, con una lettera, hanno tirato fuori un po’ di scuse risibili, come quelle del debitore che fa di tutto per non pagare. Il fatto è che questi sono rimasti senza soldi e si stanno rivelando contraenti inaffidabili”. Orsoni ci va giù duro. Ora la guerra si combatte con le carte da bollo, prima anc9ora che tra le onde. Disfattista, Orsoni sottolinea la probabilità che “non è detto neppure che riescano a svolgere le regate nelle date indicate”, e annuncia sorprese, perché quelle date risulterebbero già “vendute” a Venezia. A dare man forte al sindaco è arrivata la mano tesa del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che gli ha assicurato un appoggio incondizionato in questa lotta. Il fatto che Napoli abbia conquistato gli americani dell’America’s Cup Events Authority a suon di milioni ha scatenato le ire anche dell’assessore regionale al Bilancio, Roberto Ciambetti. In tutto, infatti, Napoli ha tirato fuori 4 milioni e 200mila euro: due milioni sono già stati versati, un milione 300mila lo tirerà fuori la Camera di commercio, 300mila euro li sborserà la Regione e il resto il Comune. Venezia avrebbe invece speso solo 250mila euro “pubblici”. “Non so dove il Comune di Napoli e la Regione Campania riescano a trovare i soldi per la Coppa America”, ha attaccato Ciambetti, secondo il quale più che di patto di stabilità bisognerebbe parlare di “patto di gravità”.
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