Napoli, 9 luglio 2012 – Il “business del caro estinto” a Napoli era un meccanismo perfettamente rodato: appena avvenuto il decesso la macchina si metteva in moto coinvolgendo dipendenti cimiteriali, medici legali, titolari e dipendenti di imprese funebri. L’obiettivo era far convergere le famiglie e i parenti dell’estinto sulla impresa “egemone”. E per espletare questo compito le “sentinelle”, gli infermieri negli ospedali, percepivano circa un centinaio di euro di compenso. Ovviamente oltre alla segnalazione si occupavano anche di addomesticare la scelta da parte delle famiglie. Le accuse contestate dai pm della Procura di Napoli sono associazione per delinquere, falso in atto pubblico e corruzione. I casi documentati dalle indagini riguardano il 2009, ma – come confermato dal capo della Squadra Mobile di Napoli Andrea Curtale nel corso di una conferenza stampa in Questura – il business andava avanti da tempo, 24 ore su 24. Gli ospedali in sono stati accertati i casi sono il Centro Traumatologico Ortopedico e il Cotugno, ma – ha detto ancora il capo della Mobile partenopea – è estremamente verosimile che il fenomeno si verificasse anche in altri nosocomi cittadini e della provincia. Le persone che si trovano in carcere sono Gennaro ed Emanuel D’Abile, dipendenti dell’impresa funebre Trombetta e Vincenzo Incoronato, dipendente di un’altra impresa funebre. Nell’inchiesta figurano anche i titolari di alcune note imprese funebri napoletane come Dominech, Villani, Bellomunno e Montuoro. Quarantacinque le ordinanze emesse nell’ambito dell’inchiesta: tre in carcere, 15 ai domiciliari e per 27 è stato deciso l’obbligo di firma. Per quanto riguarda gli arresti domiciliari, al momento mancano all’appello quattro persone mentre sono cinque quelle irreperibili sottoposte all’obbligo di firma.
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