Napoli, 10 maggio 2012 – Che si tratti di una coda della faida, è ancora tutto da decifrare. Ma i rapporti di amicizia, che gli inquirenti traducono in affiliazione, dell’ultimo morto ammazzato alla periferia settentrionale di Napoli fanno pensare che si tratti proprio di un’altra tacca della guerra in atto tra i reduci del clan Di Lauro e il cartello dei cosiddetti scissionisti, pure questi decimati dalle raffiche di arresti operate dal pool antimafia. Si chiamava Biagio Biancolella, la vittima dell’agguato di ieri in via Cesare Pavese, nel pieno centro di Mugnano. Aveva 32 anni ed era affiliato agli scissionisti. E per poco i morti non sono saliti a tre. Nella sparatoria è rimasto infatti gravemente ferito anche l’uomo che si trovava in compagnia di Biancolella: si tratta di Vincenzo Nano, pregiudicato 46enne, che ora lotta contro la morte all’ospedale Cardarelli. Gli inquirenti sono certi che non rientrava nelle mire dei killer. Ma un proiettile di rimbalzo ha raggiunto anche un pensionato 76enne, che solo per caso si trovava da quelle parti: quest’ultimo se l’è cavata con una ferita di striscio a uno zigomo. Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, Biancolella è stato avvicinato da quattro uomini in sella a due moto di grossa cilindrata. Tutti i componenti del commando di morte avevano il volto coperto da caschi integrali. Sono stati i due passeggeri ad aprire il fuoco. Il pregiudicato è stato centrato da almeno dieci proiettili. Altri sette colpi hanno invece raggiunto Vincenzo nano. A esecuzione compiuta, i quattro hanno fatto perdere rapidamente le loro tracce e si sono poi allontanate poi a bordo di due moto.
Frattanto proprio le indagini sulla faida segnano un importante successo. Un affiliato agli “scissionisti” di Scampia, Giovanni Illiano, 23 anni, è stato arrestato nella notte con l’accusa di essere uno degli autori dell’omicidio di Fortunato Scognamiglio, ritenuto esponente dello stesso gruppo e assassinato il 16 gennaio scorso. A tradirlo, un’impronta digitale trovata su uno dei due caschi che i killer, al momento dell’agguato e nelle concitate fasi della fuga per l’arrivo tempestivo di una pattuglia dei carabinieri, furono costretti ad abbandonare, insieme alle due pistole utilizzate per la missione di morte.
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