Ravello, 9 gennaio 2012 – Chissà se quel 29 agosto del 1862, quando l’esercito regio fermò il tentativo di Garibaldi e dei suoi volontari di completare una marcia dalla Sicilia verso Roma per scacciare Papa Pio IX, la ferita che riportò l’eroe dei due mondi fu causata da un avversario o da uno dei suoi. Se ne è discusso a Ravello in una conversazione a più voci che si è tenuta nella cornice di Villa Rufolo. Una tavola rotonda per indagare sul misterioso ferimento dell’Aspromonte. Uno dei primi accadimenti ad avere un riscontro mediatico nell’era contemporanea, quando i primi reportage giornalistici riportarono la drammatica fotografia del generale ferito scatenando una delle prime reazioni dell’opinione pubblica scaturite dai giornali che porto a Londra circa centomila persone in piazza. Il grande condottiero non fu solo uno stratega militare ma anche un abile comunicatore. Un mito al quale ha contribuito la stampa diffondendo la classica immagine con la camicia rossa, il poncho e la posa in groppa al suo destiero facendone un’icona sopravvissuta nei secoli. Presenti all’incontro, tra gli altri, il prof. Gennaro Risposi, direttore del Museo delle Arti Sanitarie di Napoli; il generale Maurizio Scoppa, commissario straordinario dell’Asl Napoli 1 Centro ed il direttore di Villa Rufolo, Secondo Amalfitano.
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