Il nostro giro quotidiano nel tennis campano e nei suoi circoli è scandito da resoconti, analisi tecniche, risultati, interviste. Per fortuna meno spesso, di recensioni e consigli propedeutici alla crescita di un movimento che offre al taccuino numeri importanti in termini di partecipazione degli atleti agli eventi. Posticiperemo al prossimo articolo il commento delle vicende dell’Open di Afragola e dei quarta categoria per focalizzare in questa sede l’attenzione sull’attività dei più giovani. La storia che raccontiamo è quella di una bambina di 11 anni tornata a casa in lacrime alle 20 di sabato sera, dopo cinque ore di tennis giocato nella competizione a squadre. Perché? Semplicemente perché privata, con maliziosa incompetenza, del sogno di giocare la finale nel torneo in svolgimento da poco meno di una settimana al Tennis Club Capua. Nessuna ragione al mondo, neppure quella che sarebbe di fatto caposaldo nel catalogo umano del buon senso, ha consentito di rinviare alla mattina successiva l’incontro conclusivo. Troppo importante chiudere allo scoccare delle 21 del sabato il grande appuntamento dello slam capuano, ignorando la richiesta più accorata, che non era solo quella di genitori e maestro. Bensì della ragazzina che voleva con tutte le forze giocare la prima finalina della sua annata, fatta di sacrifici, corse, affanni, sconfitte ma anche tanta voglia di crescere. Neanche correndo in macchina con papà ce l’avrebbe fatta ad arrivare…Macchè, il ping pong impietoso di telefonate, mentre la nostra giocava prima il singolare e poi il doppio in coppa con il TC Pastorano contro il TC Paradiso, rimbalzava la decisione ultima (attenzione: il programma pubblicato via internet degli incontri di giornata non prevedeva inizialmente l’orario ma solo una interpretabile “Nel pomeriggio finale under 12 femminile”) fino all’out out delle 20,30: o viene e gioca o la perde. “Il regolamento lo consente ed io mi attengo rigorosamente alle volontà del circolo”, il distaccato, freddo, strafottente commento arbitrale: la voce pilotata dell’esecutore materiale. Cui soltanto il grande Totò avrebbe potuto render merito con il giusto effetto. Il papà ha dovuto spiegare alla ragazzina perché succedono queste cose, perché si deve rinunciare a giocare una finale per la quale anche l’avversaria avrebbe senz’altro atteso la mattinata di domenica per giocare e provare a vincere. I ragazzi dovrebbero essere al centro delle attenzioni di tutti gli addetti ai lavori. E la tariffa della quota di iscrizione non certo l’unico pensiero, quello da capitalizzare sgraffignando ore per liberare campi il più velocemente possibile e togliersi davanti il fastidio. Lo sport è passione, disponibilità, senso di appartenenza, spirito di collaborazione: che se non hai non puoi capire…
Silver Mele
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