di Giuseppe Porzio
Napoli, 23 luglio 2014 – Il Gip Amelia Primavera argomenta le esigenze di custodia cautelare per Alfonso Papa con un singolare retroscena. E’ il 13 febbraio e la Finanza va a bussare alla porta del magistrato ed ex deputato Pdl per una semplice perquisizione, e lui tenta la fuga gettandosi dal balcone al primo piano. Dunque, c’era un evidente pericolo di fuga del principale indagato finito ieri in cella per presunti favori, “in cambio di denaro e altre utilità”, a vantaggio degli imprenditori del settore pulizie Angelo e Roberto Grillo, legati a doppio filo, per l’accusa, al clan camorristico dei Belforte. Tra le esigenze di custodia è citato anche il pericolo di inquinamento prove. In due modi: provando a comprare il silenzio della sua ex segretaria, in cambio di un computer e un nuovo lavoro. Ma anche industriandosi a raccogliere un dossier contro il suo principale accusatore nell’altro processo, quello sulla P4: l’imprenditore Angelo Gallo. Quanto alla possibilità della reiterazione del reato, basti leggere quel passaggio in cui il gip sottolinea l’esistenza di “un vero e proprio sistema delinquenziale che vede come protagonista indiscusso un magistrato, poi entrato in politica, che induceva imprenditori a corrispondergli denaro garantendo loro una serie di favori”. E’ il caso dei Grillo e della loro caduta in disgrazia dopo il ritiro del certificato antimafia e la conseguente perdita dei principali appalti pubblici. Interrogato, Angelo Grillo, in cella con l’accusa di aver fatto affari coi Belforte, ammette di aver versato mazzette a Papa, nel suo ufficio politico di Santa Lucia. Papa gli prospettò la possibilità di ottenere appalti da Trenitalia e Consip in cambio di ventimila euro. Figurano poi riscontri che proverebbero gli ingressi di Grillo presso l’ufficio del presidente di Trenitalia Marco Zanichelli, indagato. In quelle circostanze, Grillo sarebbe accompagnato da Giovanni Papa, il padre dell’allora deputato. L’uomo, finito ai domiciliari, è anche accusato di aver intascato mazzette per conto del figlio. Indagato anche l’armatore Nicola D’Abundo, accusato dai pm (ma la richiesta è stata rigettata dal gip) di un’assunzione fittizia di un’amica di Papa. Agli atti, la testimonianza dell’imprenditore Paolo Scudieri, che ha raccontato ai pm di aver rifiutato la richiesta, avanzata in più occasioni da Papa, di 3.500 euro al mese per pagare una segretaria in cambio di agevolazioni per le sue aziende.
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