Napoli, 11 febbraio 2014 – Confermata, dalla Cassazione, la condanna penale dell’ammenda (di importo non precisato) a carico di un fruttivendolo che, come fanno molti suoi colleghi, esponeva tre cassette di frutta in bellavista sul marciapiede all’esterno del suo negozio. Ad avviso dei supremi giudici, il commerciante in questione – Bruno M., titolare di un esercizio a a Pomigliano d’Arco – con questo comportamento si è reso colpevole di aver messo in vendita merce in cattivo stato di conservazione, non perché si trattasse di prodotti avariati, ma per il solo fatto che le tre cassette di frutta, che avevano spinto un cliente a denunciarlo, “erano esposte all’aperto e, pertanto, a contatto con agenti atmosferici e gas di scarico dei veicoli in transito”. “Tale diretto accertamento da parte della polizia giudiziaria – scrive la Cassazione nella sentenza 6108 della Terza sezione penale – risulta del tutto sufficiente a giustificare l’affermazione di penale responsabilità, evidenziando una situazione di fatto certamente rilevante e la cui sussistenza risulta peraltro confermata dallo stesso negoziante, laddove, nel suo ricorso, riconosce che la verdura era esposta per la vendita sul marciapiede antistante l’esercizio commerciale”. Ad avviso della Suprema Corte, “la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisce una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di disposizioni specifiche”. Con questo verdetto, i supremi giudici hanno reso definitiva l’ammenda applicata dal Tribunale di Nola lo scorso undici aprile. Il commerciante si era rivolto alla Suprema Corte rilevando che il giudice del merito, nel condannarlo, aveva valorizzato “la sola collocazione all’aperto degli alimenti, ritenuti esposti agli agenti atmosferici” senza invece considerare “la presenza di segni evidenti della cattiva conservazione o l’inosservanza di particolari prescrizioni finalizzate alla preservazione delle sostanze alimentari”. I giudici di piazza Cavour hanno rigettato il ricorso: “il cattivo stato di conservazione dell’alimento – si legge nella sentenza della terza sezione penale – può assumere rilievo anche per il solo fatto dell’obiettivo insudiciamento della sola confezione, conseguente alla sua custodia in locali sporchi e quindi igienicamente inidonei alla conservazione, ed è configurabile anche nel caso di condizioni igieniche precarie”. Il tribunale di Nola, secondo la Cassazione, ha correttamente affermato che “la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisca una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari”. Nel caso in esame, si ricorda nella sentenza, “tre cassette di verdura erano esposte all’aperto e, pertanto, a contatto con agenti atmosferici e gas di scarico dei veicoli in transito” e la verdura “era esposta per la vendita sul marciapiede antistante l’esercizio commerciale”.
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