Napoli, 10 ottobre 2013 – Un cognome che da solo ha scritto mezzo secolo di storia di camorra. Al punto che, per saperne di più, basta sfogliare le pagine di Wikipedia. Si cerca clan Moccia, si scopre, testualmente, che “è uno dei più antichi e potenti clan camorristici operante nei comuni di Afragola, Casoria, Arzano, Caivano, e limitrofi”. E che il capostipite e fondatore, Gennaro Moccia, è stato ucciso in un agguato di camorra nell’aprile del ‘76. Addirittura, a scorrere un po’ più in giù, si scopre che a quel delitto è collegato Il celebre omicidio in diretta in via Vergini alla Sanità: l’uomo ammazzato a sangue freddo , Mariano Bacio Terracino, in una sequenza immortalata dalla videosorveglianza, avrebbe fatto parte, più di trent’anni prima, del commando che assassinò don Gennaro. Il cui scettro, come ha sempre ricostruito la Procura Antimafia, è passato alla moglie, Anna Mazza, e al figlio Antonio. Fermiamoci qui. Perché proprio con Antonio finisce la sedicente dinastia camorristica dei Moccia. Non perché si sia estinta. Antonio sta bene in salute, così l’anziana madre, la prima donna a subire una condanna per associazione mafiosa. Ma perché, secondo i giudici della sesta sezione penale del tribunale di Napoli che hanno assolto Antonio Moccia, quest’ultimo non è “il promotore, direttore ed organizzatore” del clan che porta il cognome di famiglia. Semplicemente perché “il fatto non sussiste”. Ma la questione non è questa, non è solo questa. La sentenza, emessa a conclusione di un tormentato processo della durata di 78 udienze, ha di fatto escluso l’esistenza stessa di un’associazione camorrista denominata clan Moccia”. Dunque, occhio a come ne si parla, o si rischia la querela. Famiglia Moccia, giammai clan. E si aggiorni pure Wikipedia, a questo punto. Fine di una dinastia, se si parla di dinastia di camorra. E fine di una faida tra fratelli. Che non sono i fratelli Moccia, ma i fratelli Mancuso. Libero (nella foto) e Paolo. Ex magistrato, oggi avvocato, il primo. Ex pm dell’Antimafia prima, capo della procura di Nola, il secondo. Di Libero Mancuso si ricordano le sue inchieste su Br, loggia P2 e strage di Bologna. E l’alterco con il fratello Paolo quando, da legale, assunse la difesa dei Moccia a suon di proclami del tipo: “Esiste una regia occulta volta alla distruzione della famiglia”. Proprio quei Moccia contro i quali, vent’anni prima, è stata aperta più di un’istruttoria dalla Dda di Napoli. Il magistrato che firmò quelle inchieste era, manco a dirlo, Paolo Mancuso. Che fece di una famiglia un clan. Poi arrivò Libero, che fece di un clan una rispettabile famiglia.
(giuseppe porzio)
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