Teramo, 26 settembre 2013 – Puntano sull’esito di nuove perizie, ma soprattutto su un’incongruenza che vedono tra le accuse del pm e le motivazioni della condanna all’ergastolo, i legali di Salvatore Parolisi, da stamattina impegnati all’Aquila nella prima udienza del processo d’appello nei confronti dell’ex caporalmaggiore dell’Esercito ritenuto colpevole dell’omicidio della moglie, Melania Rea, avvenuto il 18 aprile 2011. Udienza a porte chiuse, dopo che dieci giorni fa il presidente della Corte d’Assise d’Appello, Luigi Catelli, ha respinto la richiesta di processo pubblico inviatagli dallo stesso Parolisi. I legali del caporal maggiore pochi giorni fa hanno presentato un’ulteriore memoria difensiva nella quale chiedono nuove perizie, una prima riguardante due impronte trovate sulle assi del Chiosco della pineta a Ripe di Civitella poco distanti dal corpo di Melania. Una seconda richiesta di perizia è relativa a segni prodotti da un oggetto insanguinato sulle gambe della donna. Detenuto nel carcere teramano di Castrogno, Parolisi, che fino a stamattina non ha mai parlato dinanzi ai giudici e ai pm teramani Greta Aloisi e Davide Rosati dopo i primissimi interrogatori, sostiene che contro di lui sono state dette cose non vere e con un processo pubblico avrebbe voluto “permettere alla gente – ha sottolineato attraverso i suoi legali – di capire tante cose”. Gli dà manforte la sorella Francesca: “Sono convinta che mio fratello sia innocente – ha dichiarato – Dimostrino il contrario portando delle prove fondate e ci ricrederemo. Ma non potranno farlo, perché le prove contro di lui non ci sono. Semplicemente – chiosa la donna – perché non è lui l’assassino di Melania”. Il 26 ottobre 2012, nel processo con rito abbreviato a Teramo svoltosi secondo procedura a porte chiuse, il militare originario di Frattamaggiore e in servizio ad Ascoli Piceno, fu condannato all’ergastolo dal gup Marina Tommolini che lo ha ritenuto colpevole di aver ucciso la moglie con 35 coltellate nel boschetto di Ripe a Civitella del Tronto (Teramo), ma su basi che secondo i difensori di Parolisi sarebbero diverse da quelle elencate dall’accusa. “Il giudice Tommolini – dichiararono a marzo i due avvocati al momento di depositare il ricorso contro la sentenza – non prende in considerazione molti elementi tra i quali la prova scientifica. Abbiamo assistito a un processo giusto nella forma, ma non nel merito, perché è stato violato uno dei principi fondamentali, il ragionevole dubbio”. La sentenza di secondo grado è attesa nel corso del mese di ottobre.
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