Aversa, 17 settembre 2013 – Assetti che cambiano, organigramma che muta in continuazione. Tra arresti, emigrazioni e cambio pelle, la Cupola dei casalesi sembra oramai suddivisa in due cartelli. L’uno, quello fuggito via per altri lidi: Spagna, Francia, America Latina. Vi dimorano affaristi, colletti bianchi: i nuovi camorristi casalesi. L’altra, quella che ancora dimora nel suo feudo, il cui bilancio si basa quasi esclusivamente sul business delle estorsioni. L’ultima notte ha svelato un vecchio affare alla voce racket. Ed ha visto finire in manette undici persone: l’accusa, a vario titolo, è di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Tutti appartengono alla fazione Schiavone. Le indagini, condotte dalla Procura antimafia ed eseguite dai carabinieri, hanno consentito di ricostruire il nuovo assetto geocriminale del gruppo camorristico, che si era riassestato dopo gli ultimi arresti che avevano sgominato le famiglie casalesi dei “Venosa-Reccia”. Durante le indagini sono stati emessi altri provvedimenti nei confronti di 23 indagati dopo che sono stati documentati vari episodi estorsivi, nell’agro-aversano ai danni di imprenditori in occasione delle festività e accertate infiltrazioni della camorra nel mercato ortofrutticolo di Aversa. Appena qualche giorno fa l’epilogo dell’ultima inchiesta. Un estorsione ai danni dei titolari di un’azienda farmaceutica che, dal 2004 al 2006, era stata costretta a versare nelle casse della famiglia Schiavone la somma complessiva di 60mila euro. Tra i mandanti dell’estorsione, Nicola e Carmine Schiavone, due figli del padrino Francesco, in arte Sandokan. E’ il ramo più fedele, la famiglia, quello che gli affari li fa dal feudo di Casal di Principe.
(giuseppe porzio)
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