Napoli, 29 agosto 2013 – Bisogna capire chi gioca in difesa. Se lo fa l’esercito di Letta, dunque una frangia (ma solo una frangia) del Pd che da queste parti fa capo al segretario regionale Enzo Amendola, o se lo fa, come sembra, il Popolo della Libertà. Ma mentre la politica fa il suo corso, mentre si congela il pericolo che le larghe intese si allarghino fino a spezzarsi, si guarda alle due spade di Damocle che pendono sul capo di Silvio Berlusconi. Quella annunciata, palese, che ora ruota tutt’attorno al deposito, presso la giunta per le elezioni del Senato, dei pareri di sei studiosi a sostegno del blocco dell’esame della sua decadenza fintantoché la Consulta non avrà deciso sulla legge Severino. Un gesto che conferma la volontà del Cavaliere di percorrere la strada istituzionale, evitando contraccolpi sul governo, come reazione alle sue vicende giudiziarie. Ma c’è pure un altro che in pochi hanno preso in considerazione, ma che potrebbe esplodere come una bomba forse addirittura più imponente della sentenza della Cassazione di condanna dell’ex premier. Lo si sussurra nei corridoi del Popolo delle Libertà. A sentire questa voce, pare che la Procura di Napoli, nell’ambito dell’indagine sulla presunta compravendita di senatori che portò alla caduta del governo Prodi, tenga pronto in un cassetto un ordine di arresto che scatterebbe quando e qualora Berlusconi dovesse essere dichiarato decaduto da senatore. Sarebbe il cerchio perfetto per gli accusatori di Berlusconi, stretti attorno alle rivelazioni, che hanno fatto scattare l’indagine in questione, dell’ex senatore Sergio de Gregorio. E allora non è una partita da poco quella che si gioca nella giunta per le elezioni di Palazzo Madama. Non è in ballo, a questo punto, la sola decadenza dal Senato della Repubblica. C’è in ballo, in quella sede, la libertà di Silvio Berlusconi. E, dunque, il futuro del Governo Letta e dell’Italia. Tutto nelle mani dei pm della Procura di Napoli. Ora, soprattutto, che la competenza per l’inchiesta che, oltre a Berlusconi e De Gregorio, vede imputato pure l’ex direttore dell’Avanti Valter lavitola resta a Napoli. Anche perché, secondo i giudici, è nel capoluogo campano avvennero le dazioni di danaro, ovvero il pagamento per ostacolare il governo Prodi, di una somma riconducibile attorno ai tre milioni di euro all’allora senatore De Gregorio. Fu a Napoli – motiva il gup – che si consumò il reato, che per sua natura è “progressivo”. L’udienza preliminare è stata rinviata quindi rinviata al 16 settembre prossimo, quando discuteranno accusa e difesa. La decisione del giudice è prevista per il 23 ottobre, contestualmente a quella sulla richiesta di patteggiamento avanzata da Sergio De Gregorio a un anno e 8 mesi. Parola alla giunta per le elezioni di Palazzo Madama.
(giuseppe porzio)
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