Napoli, 13 febbraio 2013 – L’ambizioso killer commette il peccato di spocchia. Non c’è rimorso nelle sue parole. Trova giustificazione nell’adrenalina. “Io quando poi inizio a sparare non mi fermo più”. Salvatore Baldassarre l’ha spiegata così, chiacchierando con un altro affiliato, quell’assurda notte del 16 ottobre in cui avrebbe commesso un clamoroso errore di persona, uccidendo un innocente. “Quando inizio a sparare non mi fermo più”. E non si è fermato quando ha vuotato l’intero caricatore su Pasquale Romano, detto Lino, 30 anni come lui, una persona perbene. Il commando di morte è caduto un pezzo per volta. Alla fine era rimasto solo lui. Pregiudicato, ritenuto in organico alla fazione degli scissionisti, quelli che oggi fanno capo alle famiglie Abete-Abbinante-Notturno, è stato stanato all’alba dai carabinieri in un appartamento a Marano. Baldassarre era armato di una pistola che non ha fatto in tempo a usare ed era in possesso di documenti falsi. “Un arresto che non potrà colmare il vuoto lasciato dal povero Lino Romano”, dirà il comandante del nucleo provinciale dell’Arma, il colonnello Marco Menicucci. Non colmerà il vuoto lasciato da un ragazzo che di lì a poco avrebbe firmato un contratto di lavoro. Lino l’hanno ammazzato perché somigliava a un camorrista da eliminare. Era appena uscito da casa della fidanzata per andare a giocare a calcetto, quella sera del 16 ottobre. E dire che per essere certi che il killer riconoscesse l’uomo da trucidare, i mandanti gli mostrarono una foto presa da Facebook, nella quale il vero obbiettivo dei sicari, Domenico Gargiulo, era ritratto insieme alla fidanzata Flora. Eppure, complice un cappello con visiera calato sul capo a causa della pioggia, ad essere assassinato toccò a Lino Romano. L’ennesima morte innocente. L’ennesima pagina di sangue. Il quartiere dove viveva il ragazzo e tutta Napoli reagirono con forza. Il 21 ottobre, al rione Marianella, oltre 2000 persone parteciparono alla fiaccolata indetta da 20 parroci di quella periferia. Mentre le indagini decollarono in poco tempo. Venne ricostruito il mistero di un sms: i sicari avrebbero dovuto attendere il messaggio che avrebbe dovuto segnalare l’arrivo del vero bersaglio, ma non lo fecero. L’uomo da assassinare era a cena della zia e dei cugini della sua fidanzata, nello stesso stabile in cui vive la ragazza di Lino e dove quest’ultimo si trovava in quei frangenti. Non passa un mese che viene effettuato il primo arresto: Giovanni Marino, un altro componente del commando. Il cerchio si era chiuso. Baldassarre era braccato. Il suo nome l’hanno pronunciato in molti. La conferma dell’errore di persona l’ha data lui. Lui che si giustifica e dice: “Quando inizio a sparare non mi fermo più”.
(giuseppe porzio)
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