Napoli, 4 febbraio 2013 – La trasformazione è in atto. L’hanno annunciata i sindacati, l’ha ufficializzata Sergio Marchionne: entro marzo scomparirà Fabbrica Italia Pomigliano e gli oltre 2mila lavoratori, tra quelli già impiegati e i 1.400 cassintegrati in scadenza, saranno riassorbiti in Fiat Group. Dei dettagli se ne parlerà giovedì al Gianbattista Vico. Nel frattempo, e nella stessa sede, i dubbi sull’intera operazione si alimentano con l’ennesimo paradosso. Al centro, i 19 operai Fiom appena assunti e il cui reintegro, decretato con sentenza della Corte d’Appello di Roma, sono stati appena rispediti a casa. Non licenziati, sia chiaro. Tutti percepiranno regolare stipendio. Ma al momento saranno “costretti”, si fa per dire, ad essere retribuiti senza lavorare. Procediamo con ordine. 18 di questi 19 (uno di loro è, infatti, in aspettativa per impegni elettorali), questa mattina si sono recati in fabbrica per conoscere le proprie mansioni, ma sono stati invitati – così hanno spiegato all’Ansa le stesse tute blu – a tornare a casa perché al momento non è possibile ricollocarli. “Ci hanno consegnato la busta paga – è il racconto di uno del gruppetto – e ci hanno informato che ci faranno presto sapere”. Ovviamente, gli operai hanno contestato all’azienda le modalità di mancata comunicazione preventiva e per l’intera mattinata se ne sono rimasti nello stabilimento in attesa della comunicazione ufficiale. Il tutto induce quindi a pensare che sia già sfumata l’operazione di chiusura Fabbrica Italia e riapertura di Fiat Group. Dalla sua, l’amministratore delegato del lingotto, Marchionne, si era limitato a dire di essere al lavoro per arrivare a una soluzione sul caso Pomigliano. “Alla Fiat c’è un’idea medievale dei rapporti di lavoro, vincolata al delirio di onnipotenza dell’amministratore delegato – hanno fatto sapere dalla Fiom -. Anche a Melfi il Lingotto aveva agito così – prosegue in sindacato dei metalmeccanici – ma questa volta è clamoroso, perché l’azienda ha formato per quattro settimane dei lavoratori per poi farli stare a casa retribuiti. Questo è un gesto inutile e discriminatorio”.
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