Napoli, 14 febbraio 2013 – Il bruto era un possidente. L’uomo che, per i giudici, ha abusato di una ragazzina, per poi ordinare l’omicidio della madre che aveva osato denunciarlo e farlo arrestare, si è tolto ogni bene in suo possesso così da risultare povero a chi gli avrebbe chiesto un risarcimento. Enrico Perillo, l’uomo accusato dell’omicidio di Teresa Buonocore, ha venduto ogni proprietà in suo possesso e con gli incassi ne ha fatto assegni circolari. Denaro che, in questa forma, non può essere sequestrato. Operazioni guidate dal chiuso di una cella, dopo aver subito già una condanna. E’ sempre più brutta la vicenda della mamma coraggio di Portici uccisa il 20 settembre 2010. Perché c’è ora il rischio che le due figlie non potranno neppure essere risarcite. Un retroscena non da poco, svelato da Pina Buonocore, la sorella di Teresa, che da due anni si occupa delle nipotine e di portare avanti la battaglia iniziata dalla loro mamma. Nella sentenza di condanna all’ergastolo, a Perillo è stato imposto anche il risarcimento del danno nei confronti delle due figlie di Teresa per 200 mila euro, della madre Giovanna e per la sorella Pina (40 mila euro), dell’ordine degli avvocati (20.000 euro), in favore del Comune di Napoli (10.000), del Comune di Portici (10.000). Il dispositivo della sentenza del sei dicembre viene depositata il 19. Davanti al notaio Perillo nomina suo fratello Lorenzo, procuratore della sua quota (50%) sui beni immobili da lui posseduti in Portici in viale Leonardo da Vinci. Lo fa quando è in carcere già condannato in primo e secondo grado per pedofilia, quando è in corso il processo per l’omicidio di Teresa. Di qui l’accusa di Pina Buonocore, che si chiede: “Dov’erano i giudici quando erano in atto tutti questi movimenti? Dov’erano i giudici quando, dal chiuso di una galera, è stato consentito a un uomo con sul capo una condanna a 15 anni di disfarsi di tutti i suoi beni?”
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