Napoli, 22 gennaio 2013 – Ebbene sì, se un giudice prevede che per assumere operai non si debba guardare alla sigla sindacale a cui appartengono e ne impone l’assunzione, un altro giudice decide che per assumere quegli stessi operai, è possibile cacciarne altrettanti. Insomma, per un diritto garantito c’è un’ingiustizia compiuta. Accade nella contesa eterna tra Fiat e Fiom. Il giudice del Tribunale di Roma ha infatti respinto il ricorso presentato dalla Fiom contro le 19 procedure di mobilità annunciate da Fabbrica Italia Pomigliano lo scorso 31 ottobre, e sulle quali non si è trovato un accordo tra azienda e sindacati. La Fiat, dunque, può mettere in mobilità 19 dipendenti della fabbrica di Pomigliano. La cacciata dei 19 operai fu la risposta del Lingotto all’ordinanza della Corte d’Appello di Roma che obblicava l’azienda ad assumere i 19 dipendenti Fiat iscritti alla Fiom che hanno presentato ricorso per presunta discriminazione. Nel giustificare quella decisione, i vertici del Lingotto sottolinearono che la struttura di Pomigliano “è sovradimensionata rispetto alla domanda del mercato italiano ed europeo”. A nulla erano valsi i tentativi di transigere. E’ di due settimane fa la fumata nera tra vertici Newco e sindacati all’ufficio regionale del lavoro di Napoli per trovare un accordo sulle 19 procedure di mobilità. Eppure regnava ottimismo. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, infatti, non sussistevano requisiti per erogare la mobilità per i 19 lavoratori. La legge prevede infatti che per ottenere l’indennità si sia in possesso di almeno 12 mesi di anzianità aziendale di cui almeno sei di effettivo lavoro. E nella Newco di Pomigliano, come ha ricordato il segretario nazionale Uilm, Giovanni Sgambati, le prime assunzioni sono state effettuate a novembre 2011. Requisiti o meno, “si tratta di una procedura chiaramente ritorsiva”, fecero sapere i vertici della Fiom. Lo stesso sindacato dei metalmeccanici che questa mattina, per primo, ha informato sulla decisione del Tribunale di Roma.
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