Napoli, 30 ottobre 2012 – La faccia nel terreno. Una metafora, neppure tanto. Terreno da cui rialzarsi, sollevare alto quel petto su cui la testa sormonta sempre alta. In campo e fuori. Sguardo fisso in direzione contraria a quella della palla. Fingere è il suo gioco. Non la sua vita. Le sue vite. Almeno sette, tutte vissute intensamente. E chissà quante altre ancora da vivere con la stessa intensità. Diego, un simbolo, un’icona. La sagoma di una testa riccia per contrassegnare la storia, la più bella. L’epoca rinascimentale della Napoli che sale al Nord e umilia tutti. E tutti mette a sedere con le finte del re, del pibe de oro. Buon compleanno Diego Armando Maradona. 52 anni compiuti oggi. E almeno il triplo da raccontare. E forse neppure ce la si fa. Dentro e fuori il campo, Diego sale al trono, cade, risorge, crolla. Rinasce a nuova vita. Urla di gioia. Poi cade ancora e piange. Piange a dirotto. E torna in piedi. E, all’occorrenza, anche in campo. Su quel terreno di gioco a cui manca da tanto. Da troppo. E ci si rifà gli occhi vedendo queste immagini. I magnifici anni Ottanta del Napoli di Maradona. Dei due scudetti, e di quello regalato, proprio così, regalato al Milan, con un po’ di sospetti che ancora si trascinano. E due Coppe Italia. E la Uefa. E la “MaGiCa”, col genietto folle che ben si contemplava in mezzo al duo Giordano-Careca. Altri tempi, altro calcio. Dove ci si permetteva di saltare l’intera settimana di allenamenti. Ma solo a lui era concesso. Diego Armando Maradona si rifaceva vivo di domenica, indossava le scarpette, giocava. Anche da fermo deliziava, trascinava alla vittoria, segnava. Poi c’era quell’altro, fuori dal campo. Quello dei night, del clan Giuliano, delle foto nella vasca-conchiglia con il boss. Quello scappato in Spagna. Quello arrestato per droga. Quello risorto, tornato a giocare con la sua Argentina, tornato a vincere. Poi cacciato per doping, ma erano solo integratori. Ascesa e declino. Sintesi di 52 anni di vita. Di sette vite. Ricominciate dalla panchina dell’Argentina “mazzoliata” dai tedeschi. Diego vola negli Emirati, torna ad allenare. La squadra è l’Al Walsh. Ascesa. Poi declino. Arriva l’esonero. Diego scrive alla società, chiede che ci ripensi. Otterrà l’incarico che oggi ricopre: ambasciatore del calcio. Ora vive a Dubai. Un’altra vita. L’ennesima. Anche questa tutta da raccontare. Buon compleanno Diego.
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