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Lunedì 25 Novembre 2024

Il vice parroco guida la ribellione ai Casalesi: sei arresti

Casapesenna, 3 ottobre 2012 – Il prete parla, la gente prende coraggio. E denuncia. Un po’ per volta. Fino alla ribellione. Ed è la prima volta che uno dei feudo storici dei Casalesi si ribella ai suoi padrini. A Casapesenna, nel paese di Michele Zagaria, dove la comunità venerava come un Patrono il capo dei capi che proprio qui è stato stanato poco meno di un anno fa, è l’ora del riscatto. Della ribellione. Gli imprenditori denunciano i taglieggiatori che hanno imposto loro il pagamento di tangenti. Uomini perfettamente coscienti che, con le loro denunce, hanno messo a rischio la loro incolumità. “In caso di divulgazione di queste mie dichiarazioni temo possibili ritorsioni sulla mia persona”, così, letteralmente, ha dichiarato uno degli imprenditori eroi al pubblico ministero Catello Maresca. Ma l’atteggiamento era cambiato. Il nuovo corso emergeva dai colloqui intercettati al telefono. “Ho sbagliato per tanti anni – dice l’imprenditore al capocantiere – Però adesso non esiste. – aggiunge – A me possono anche uccidermi, io non gli do nemmeno un euro. Almeno – conclude fiero – mi ammazzano per una giusta causa”. In un’altra conversazione, l’imprenditore auspica che le forze dell’ordine intervengano arrestando i taglieggiatori. Il vento è cambiato. Un vento che soffia forte sull’ultima indagine che ha portato oggi all’arresto di sei persone e al fermo di un’altra. Ne sarà contento don Vittorio Cumerlato, vice parroco della chiesa della Santa Croce di Casapesenna. Dal pulpito, le parole del sacerdote hanno contribuito a dare impulso alle indagini. L’omelia è uno dei passaggi dell’ordinanza eseguita questa mattina. “Questo paese non cambierà mai”, disse tra le altre cose don Vittorio. Questo paese è cambiato, lasciano intendere gli inquirenti. La cui inchiesta ruota attorno alla denuncia di Marcello De Rosa, imprenditore edile di Casapesenna impegnato nella costruzione di 50 villette nel Comune di Castel Morrone: aveva subito una richiesta estorsiva, De Rosa. Ne aveva parlato anche con don Vittorio. Fino a rivolgersi agli inquirenti. E via all’operazione denominata “Thunderball”. Dalla quale è emerso che, nonostante l’arresto del padrino Michele Zagaria, gli esattori del boss non avevano mai smesso di imporre il pizzo. Anzi, le richieste estorsive erano addirittura aumentate. La polizia ha anche accertato che gli affiliati hanno continuato a eseguire le direttive impartite dai boss malgrado fossero in regime di carcere duro. Il frutto delle estorsioni veniva utilizzato per il pagamento degli stipendi e delle spese legali ai familiari dei detenuti. Fino alla ribellione di un paese nel quale qualcosa ha cominciato a cambiare.

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