Napoli, 26 settembre 2012 – Se andasse come da pronostico, se proprio non la si volesse pronunciare ad alta voce, la parolina, (anzi la parolona), la si potrebbe almeno sussurrare. Quella il cui sinonimo è tricolore. Tant’è, nel frattempo si potrebbe parlare di conquista della vetta. Sì perché, con la frenata della Juventus, il Napoli ha la possibilità di raggiungere i bianconeri a quota 13. Ma di mezzo c’è la Lazio, che al San Paolo non viene certo a passeggiare. Che se gli azzurri vengono dalla brutta mezza scivolata di Catania, dove hanno raggranellato un punto pur giocando in 11 contro dieci per 88 minuti oltre il recupero. Per gli uomini di Pectovic il capitombolo in casa con il Genoa è più brutto da assorbire. Se poi si pensa che la gara è, al momento, di quelle dirette in economia Champions, non resta che attendersi una sfida da gustare. Una sfida tutta sul piano tattico, ha fatto sapere Pectovic alla vigilia, secondo il quale la sua è la squadra più forte del momento. La carica suonata dal tecnico serbo non spaventa Mazzarri, che nel frattempo è certo che stasera non rivedrà la controfigura del Napoli andata in scena tre giorni fa al Massimino.
La Juve è lì, è possibile toccare. E la Juve vista ieri all’Artemio Franchi è una squadra umana che potrebbe pure crollare. Le occasioni non si lasciano sfuggire. Mazzarri, dalla sua, stasera torna a dare il massimo della fiducia ai suoi top player. Dunque, spazio ai titolarissimi, con due eccezioni. Nell’ordine. Dinanzi al salvatore della gara di domenica, Mogan De Sanctis, autore di un miracolo nel finale contro gli etnei, la linea difensiva presenterà un’Aronica in meno, tenuto a riposo, con l’innesto di Gamberini a completare il terzetto di retroguardia con Campagnaro spostato a sinistra e Cannavaro al centro. L’altra novità a centrocampo è l’inserimento di Behrami in luogo del connazionale Dzemaili accanto all’altro svizzero Inler, sempre che la caviglia di quest’ultimo regga. Maggio e Zuniga cursori a destra e sinistra. Per finire con Hamsik, Cavani e Pandev. E il fiato sul collo di un’Insigne che al Massimino, per 45 minuti, ha predicato nel deserto. Sarà sfida vera. Su un terreno di gioco vero, finalmente. E dinanzi a un pubblico che attende di sussurrare quella parolina il cui sinonimo è tricolore.
(giuseppe porzio)
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