Napoli, 25 settembre 2012 – Racket e usura. Piaghe sociali che mettono in ginocchio migliaia di imprenditori onesti ogni anno. Nella sola Campania sono 50mila ogni anno le imprese che subiscono la prepotenza o peggio della criminalità organizzata. Ma a fronte di un numero così elevato di vittime il dato sconcertante viene da coloro che decidono di denunciare e soprattutto di chiedere l’accesso al fondo nazionale di solidarietà: solo 102 nello scorso anno. Sul sito del Ministero dell’Interno il fondo è definito come primo strumento grazie al quale chi ha subito, per essersi opposto agli estorsori, danni alla persona o alla propria impresa può ricevere, a titolo di risarcimento, un’elargizione che gli consenta di riprendere l’attività. In realtà dalla richiesta di fondi all’effettiva erogazioni l’iter è lungo e tortuoso: chi scegli di denunciare deve infatti presentare la documentazione di accesso al fondo entro sei mesi a cui poi fanno seguito passaggi burocratici e pareri. Insomma, alle difficoltà connesse alla denuncia si aggiungono quelle per ricevere fondi utili a ripartire. Eppure quei fondi ci sono: il Viminale ha, infatti, stanziato 100 milioni di euro da destinare. Sul sito web del Governo si assicurano tempi rapidi nell’erogazione dei servizi. Ma quei tempi sono in realtà dilatati: come conferma il commissario campano per il coordinamento anti racket Franco Malvano, tra i primi a lanciare l’allarme. L’iter complesso non aiuta chi decide di opporsi alla criminalità, denuncia Malvano e la cosa più assurda è il fatto che quei fondi ci siano eccome. Dati allarmanti, numeri che non lasciano speranze per il popolo di commercianti che rinuncia alla propria attività perché sopraffatto dal racket o dall’usura. Negli ultimi 6 anni sono oltre 10mila le imprese che hanno deciso di abbandonare la propria attività. Al di là del danno morale materiale, l’abbandono porta anche gravi conseguenze sui livelli occupazionali in una regione coma la Campania, in una città come Napoli: 32mila sono i fatti gli imprenditori finiti nella mani degli usurai e quasi tre milioni di euro il denaro versato agli strozzini.
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