Napoli, 11 settembre 2012 – Se a Caserta i Casalesi non sono stati sconfitti, un risultato lo si è ottenuto. La ribellione di chi se n’era sempre rimasto zitto per la certezza di ritorsioni. Le denunce contro i signori del pizzo della camorra targata Schiavone, Bisognetti, Iovine, Zagaria e Setola sono scaturite grazie alla presenza, massiccia, dello Stato accanto alle vittime, ai taglieggiati. E ai colpi inferti dalla Procura Antimafia. Ora che anche il ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, s’è accorta che i controlli da soli non possono bastare, il Governo dei prof non ci ci sta a perderla la sua battaglia. Soprattutto perché le trincee sono confinate nel solo perimetro di Scampìa e Secondigliano e non sono ramificati nel resto del Paese e da qui in chissà quale altra parte del mondo come il potentato di Casal di Principe. Interventi, blitz e operazioni rientranti nel cosiddetto “Alto Impatto” servono a rallentare gli affari dei pusher, ma non fermano la guerra. Che appena sabato notte ha visto cadere Raffaele Abete, il fratello del boss scissionista Arcangelo. Un delitto consumato all’ombra delle mura del carcere di Secondigliano. Segno che questa camorra, non certo organizzata come quella fondata da Francesco “Sandokan” Schiavone, colpisce comunque dove vuole, quando vuole e, soprattutto, chi vuole. Ed ecco che a Roma si torna a pensare all’esercito, così come accadde con il Casertano. Ma se verranno i militari a presidiare strade e piazze, piazze di spaccio, lo si saprà soltanto al termine di una riunione del Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza, che si terrà giovedì prossimo. All’ordine del giorno, la faida di Scampia. Al tavolo sono attesi il capo della polizia Antonio Manganelli, il comandante generale dei carabinieri Leonardo Gallitelli, il comandante generale della guardia di finanza Saverio Capolupo, il direttore del Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria) Giovanni Tamburino. Per cercare di contrastare due milizie che in pochi mesi hanno fatto contare venti morti ammazzati. Ciò che appare chiaro è che gli uomini da soli non bastano. Serve è una strategia. Come quel modello Caserta, appunto, che fu vanto del ministro Roberto Maroni, tra i dicasteri che hanno conseguito il maggior numero di risultati in fatto di arresti eccellenti. Un modello del quale lo stesso ministro Cancellieri ha tessuto le lodi in termini di efficacia ed operatività. Forte di 85 blitz, 660 arresti, 19 latitanti catturati, oltre 302 milioni di euro tra beni mobili e immobili sequestrati, oltre sei milioni di euro confiscati. In manette finirono uomini come Giuseppe Setola, Antonio Iovine e Michele Zagaria. “Replichiamo a Napoli quanto di buono è stato fatto a Caserta con il clan dei Casalesi, i cui vertici sono stati tutti arrestati”, sono state, appena qualche giorno fa, le parole del vice capo della polizia Francesco Cirillo. E’ probabile, allora, che esercito sarà. Con avamposti militari a presidio dei luoghi sensibili. E polizia e carabinieri concentrati in un’opera di rastrellamento dei territori di guerra.
(giuseppe porzio)
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