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Sabato 23 Novembre 2024

Un “consorzio” criminale tra i Mallardo, i Licciardi e i Casalesi

Napoli, 6 giugno 2012 – Smantellato il “consorzio” tra tre clan che gestiva il business del racket tra la provincia di Napoli e quella di Terra di Lavoro.Il blitz dei carabinieri del Ros ha consentito di disarticolare la nuova struttura del clan camorristico Mallardo, che si era riorganizzato dopo la cattura e la condanna dei capi storici ed aveva trovato alleanze con altri gruppi camorristici. Le indagini, coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Napoli, hanno portato all’esecuzione di 47 ordinanze di custodia cautelare in sei regioni: Campania, Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Lazio e Lombardia. Oltre agli arresti, in carcere e ai domiciliari, il Ros e i carabinieri del Reparto operativo di Napoli hanno anche sequestrato ad alcuni degli indagati beni mobili, immobili, società e quote di un supermercato, il cui valore complessivo ammonta a circa 3 milioni di euro. Tra i beni sequestrati pure uno yacht intestato a prestanomi. Le indagini del Ros, che risalgono al 2009, in una prima fase hanno delineato la nuova struttura del clan Mallardo di Giugliano, accertando come in seguito alla carcerazione dei fratelli Giuseppe e Francesco Mallardo, capi storici del clan condannati all’ergastolo, la reggenza fosse stata assunta da Raffaele Mallardo, detto Lelluccio Schicchirò e Francesco Napolitano. Comincia così una nuova fase per il clan Mallardo, culminata in vere e proprie alleanze sia con il clan Licciardi di Secondigliano (Napoli) sia con il clan Bidognetti di Casal di PrincipE, allo scopo di realizzare una gestione unitaria delle diverse attività estorsive. E’ proprio in base a questi accordi che il clan Bidognetti, gravemente indebolito da arresti e ‘pentimenti’, ha potuto mantenere il controllo criminale dell’area di influenza. Le alleanze hanno dato vita ad un ‘gruppo misto’, con una sorta di direttorio di cui facevano parte Francesco Diana (subentrato nella reggenza del clan Bidognetti a Giuseppe Setola e poi divenuto collaboratore di giustizia), Giuseppe Trambarulo e Giuseppe Pellegrino, in rappresentanza dei Bidognetti, dei Licciardi e dei Mallardo. Secondo gli inquirenti, questa struttura unitaria era deputata al controllo delle estorsioni ed alla gestione dei proventi illeciti, amministrati in una cassa comune utilizzata anche per ricompensare sia gli affiliati in libertà sia quelli detenuti dei tre clan, allo scopo di evitare nuove collaborazioni con la giustizia. Nel corso delle indagini sono stati accertati “numerosi e continuativi episodi estorsivi” ai danni di commercianti di Villa Literno, Castel Volturno e Giugliano: nessuno di questi però ha fornito alcuna collaborazione, “a conferma – sottolineano gli investigatori – del dilagante clima di omertà”.

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