Napoli, 25 maggio 2012 – «Scomunica perpetua a chiunque ruberà anche un solo libro dalla biblioteca dei Girolamini». È inciso come un marchio a fuoco l’antico scritto custodito nella stanza blindata del complesso dei Girolamini, finito al centro dell’inchiesta per il furto dei volumi per il quale ieri è stato arrestato l’ex direttore massimo de caro, assieme ad altre quattro persone, sue complici, accusate di aver sottratto e rivenduto almeno 257 dei 1500 volumi spariti. In una delle sale della biblioteca ora sotto sequestro e protetta da una porta blindata, è stata ritrovata la bolla papale firmata da Urbano VIII nel terzo decennio del 1600 contenente la maledizione di scomunica che oggi a quattro secoli di distanza ha tanto il sapore di una beffa. Scomunicati, dunque, saranno i colpevoli che hanno sottratto ben più di un solo libro. L’inchiesta va avanti, per adesso le accuse ricadono sul direttore de caro che dal carcere di poggio reale continua a proclamarsi innocente: sono io che ho denunciato, racconta, non ho sottratto nulla dalla biblioteca. La bolla papale potrebbe ora spaventare i più scaramantici che se non hanno le coscienze pulite dovrebbero temere la scomunica. Lo scritto è stato rinvenuto in una stanza segreta dell’antico complesso di via duomo, quattro pareti che custodiscono gelosamente la storia dei giro lamini, tramandata attraverso antichissimi manoscritti. Una storia che oggi è finita negli scritti della questura di Napoli, per colpa di chi ha mutilato e deturpato irrimediabilmente un patrimonio letterario di inestimabile valore. E che ora dovrà fare i conti oltre che con la giustizia anche con la maledizione della scomunica.
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