Napoli, 12 marzo 2012 -Spunta il nome del presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro e del consigliere regionale del Pdl, Michele Schiano, nelle carte dell’inchiesta sul clan camorristico dei Mallardo di Giugliano. A tirare in ballo i due esponenti politici il pentito Tommaso Froncillo. Stando a Froncillo, Domenico Aprovitola, una delle due persone arrestate questa mattina dalla Guardia di Finanza, si vantava di avere rapporti molto stretti con alcuni politici locali, tra cui Cesaro e Schiano. L’amicizia non sarebbe stato però l’unioc legame tra Aprovitola e Cesaro: sempre secondo il pentito, infatti, Aprovitola si impegnava anche direttamente per procurargli i voti necessari per farlo eleggere. Aprovitola faceva la campagna elettorale specificando che, votando Cesaro, avrebbero poi ottenuto una mano per risolvere i loro problemi”. l’inchiesta è quella che ha portato oggi ha scoperchiare i legami tra il clan e l’imprenditoria del Giuglianese. Caffè e cemento imposti agli imprenditori della zona di Giugliano a nord di Napoli ma anche l’obbligo di assumere ex detenuti o parenti di affiliati per poter così percepire l’indennità di disoccupazione. E’ questo il giro criminale scoperto dagli uomini della Gico della Guardia di Finanza di Napoli, coordinata dalla DDA partenopea e che ha portato in manette Alfredo e Domenico Aprovitola e che ha permesso il sequestro di beni mobili e immobili per oltre 71 milioni di euro. Secondo quanto accertato dai finanziari, nell’operazione denominata “King Kong” – ispirata al soprannome «Scigno» della famiglia Aprovitola –Alfredo imponeva agli esercizi commerciali il caffè «Seddio»: la ditta che lo produce, infatti, è intestata ai D’Alterio, nipoti del capo clan Feliciano Mallardo. Il padre Domenico,era invece soprannominato «il collocatore» perché in passato ha ricoperto il ruolo di funzionario dell’ufficio provinciale di collocamento. Secondo le indagini, Aprovitola senior assicurava false assunzioni per mogli e parenti degli affiliati al clan detenuti o deceduti. persone che venivano collocate in aziende costrette ad acconsentire: per un periodo percepivano lo stipendio, ma senza lavorare, poi venivano licenziate ottenendo anche l’indennità di disoccupazione. Grazie a questo sistema il clan Mallardo si alleggeriva delle incombenze di carattere economico per il mantenimento di chi era finito in carcere o era morto. I finanzieri hanno accertato anche che, oltre al caffè, il clan imponeva anche la fornitura di calcestruzzo alle imprese edili della zona attraverso la ditta di calcestruzzi Tecnocem. Tra i beni sequestrati, 87 unità immobiliari e 9 terreni, gran parte dei quali nel comune di Giugliano in Campania; 5 società e rapporti finanziari.
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