Il fascino della tragedia arriva a Pompei. In principio ci furono le foto a Ground zero dopo l’attentato dell’11 settembre, più di recente centinaia di curiosi hanno affollato Avetrana, e infine l’isola del giglio è divenuta la meta preferita per rubare qualche scatto accanto al relitto della Concordia. Oggi i turisti del dark, quelli cioè che inseguono la foto tra le macerie umane, arrivano anche a Pompei. L’abitudine di viaggiare per visitare luoghi un po’ macabri contagia quindi il turismo culturale. Cosa che piace agli imprenditori, il cui obiettivo è incrementare i flussi turistici a prescindere dalle attrazioni. E Pompei ci è riuscita dal 6 novembre 2010, da quando cioè è venuta giù la scuola dei gladiatori lungo via dell’Abbondanza. Tra l’altro i registri della soprintendenza segnano un picco dopo ogni nuovo annuncio di un crollo. Nel sito si cerca prima l’incuria e poi la villa restaurata. Secondo gli antropologi, il turista del macabro percepisce a Pompei una sospensione tra la vita e la morte. Sarebbe tutto lì il fascino del turismo dark. Si entra nell’atmosfera surreale del giorno dopo. Si gira alla ricerca della caduta di massi non ancora intercettata dai custodi. Si curiosa con l’aria da detective tra i vialoni interdetti al pubblico e nei cantieri. Sono questi tutti i sintomi del turismo dark, e colpiscono quando meno te lo aspetti.
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