Il napoletano rischia di estinguersi. A lanciare l’allarme è l’Unesco, lo stesso organismo ad aver riconosciuto al napoletano lo status di lingua madre in quanto è l’idioma italico più esportato e conosciuto grazie sicuramente alla canzone classica partenopea, una delle maggiori espressioni artistiche della cultura occidentale che da più di un secolo diffonde in tutto il mondo la parlata napoletana. Ebbene in occasione proprio della Giornata Mondiale delle lingue madri l’organizzazione delle nazione unite per l’educazione la scienza e la cultura mette in guardia sulla longevità del dialetto partenopeo. La considerazioni dell’Unesco si basa su cinque livelli di rischio e nasce dall’analisi di 9 valori basilari: a partire dal numero dei parlanti, alla trasmissione intergenerazionale e alla percentuale di parlanti rispetto alla popolazione nazionale. E ancora si considerano la versatilità, l’adattamento ai media, l’esistenza di opere letterarie, l’uso in documenti ufficiali e infine la considerazione che ne hanno i parlanti. In linea generale l’Unesco motiva l’allarme, che comunque si potrebbe verificare tra non meno di un secolo, con le influenze che le politiche e la religione hanno sulla considerazione che i parlanti appunto hanno della propria lingua, in questo caso dialetto. Ma rispetto ai criteri dell’Unesco, va detto che il napoletano è parlato da oltre 11 milioni di persone, molto più dello svedese e il doppio del norvegese e non pare affatto una lingua poco versatile o in disuso, anche perché al di là della mole enorme di opere letterarie a tutt’oggi valorizzate del patrimonio linguistico partenopeo, di certo i suoi cultori non mancano ed è difficile pensare che gli stessi napoletani non amino la musicalità della propria lingua che in molti casi è utilizzata in via esclusiva. L’allarme comunque motivato o no è stato lanciato: non resta che affidare ai posteri l’ardua parola.
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