Napoli, 4 gennaio 2011 – E sono tre. Anzi, sarebbero tre. Per ora sul suo capo pendono due richieste di arresto per ordinanze di custodia cautelare già eseguite, una respinta nel 2009 dalla Camera, un’altra al vaglio, proprio in questi giorni, della giunta per le autorizzazioni, prima del passaggio in aula. Ma per Nicola Cosentino, già sottosegretario all’Economia, leader un po’ discusso, politicamente s’intenda, del Popolo della Libertà in Campania, potrebbe profilarsi un processo nel quale, a differenza delle precedenti due inchieste, non c’entra la camorra, ma la politica coi suoi retroscena e i suoi più scellerati espedienti. L’inchiesta è quellla sulla presunta esistenza di una loggia P3. In questo faldone, il nome di Cosentino figura sotto l’accusa, argomentata, di aver tramato per screditare la candidatura alle ultime regionali in Campania di Stefano Caldoro, poi candidato e trionfatore di quella campagna sotto le insegne del PdL. Cosentino avrebbe architettato un falso dossier, da dare in pasto agli organi di informazione, per minare la reputazione dell’attuale governatore. Il parlamentare azzurro è accusato di diffamazione e violenza privata ai danni di Caldoro. Stessa accusa per Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano e assessore regionale per pochi mesi, su indicazione dello stesso Caldoro, che avrebbe aiutato Cosentino a fabbricare il falso dossier. I loro nomi, nell’affaire P3, figurano accanto a quelli di altre venti persone per le quali è stato chiesto il processo. Gente come l’uomo d’affari Flavio Carboni, dell’ex giudice tributario irpino Pasquale Lombardi, dell’imprenditore partenopeo Arcangelo Martino, del parlamentare e coordinatore del Pdl Denis Verdini, e del senatore azzurro Marcello Dell’Utri. Per tutti i magistrati romani chiedono il processo processati per aver violato la legge Anselmi sulle società segrete e per associazione per delinquere attraverso la costituzione, l’organizzazione e la direzione della loggia P3.
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