Napoli, 12 gennaio 2012 – I numeri snocciolati del presidente della Camera Fini si decifrano in un concetto: la Lega ha salvato Nicola Cosentino. Ma l’hanno salvato pure i radicali. Nel dubbio, la dichiarazione super partes: “Ringrazio il Parlamento, non la Lega”. Il sorriso lo smorza, Nicola Cosentino. Ma ora che è salvo e la galera è debellata, può fare marcia indietro su molti punti. Uno su tutti, le dimissioni annunciate sono rinviate. Salvo e al suo posto, il leader Campano del Popolo delle Libertà. La sua ora X è scoccata alle 14 e 15. L’ora della libertà conquistata con 309 no e 298 sì. No alla richiesta di arresto avanzata dalla Procura Antimafia su un teorema accusatorio che definisce il parlamentare ed ex sottosegretario all’Economia “il referente politico del clan dei Casalesi”. No all’arresto, 48 ore dopo il sì della giunta per le autorizzazioni. Pronunciato il no, ecco scattare sui banchi i deputati del PdL, accorsi ad abbracciare il Nicola nazionale. Il più duraturo è stato con Alfonso Papa (nella foto), fresco di scarcerazione dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta P4, e per il quale la Camera aveva votato diversamente.
Tutti ad abbracciare il Cosentino libero, tranne uno: Silvio Berlusconi, rimasto al suo scranno, e che ha parlato di “una decisione giusta, in linea con la Costituzione”. Si diceva della Lega, che il caso Cosentino ha spaccato. I deputati padani erano stati decisivi in giunta, col loro voto favorevole all’arresto. E, conti alla mano, lo sono stati pure questa volta, in senso contrario. Lo si evince dall’esito al vetriolo di una riunione prima del voto, dove il leader Umberto Bossi, che non ha preso parte alla votazione, ha deliberato di votare secondo coscienza. Scatenando la reazione dei seguaci dell’ex ministro Maroni. Ma nel verdetto finale è stato determinante il voto contro l’arresto dei 6 deputati radicali. Nel complesso, sono stati ventidue i deputati che non hanno partecipato al voto. “Di un errore politico, ma legittimo’” ha parlato il leader dell’Udc, Casini. “Chiedere alla Lega. Adesso la Lega lo spiegherà”, sono state le parole del segretario del Pd Bersani. “Non ho condiviso la posizione della libertà di coscienza, ma l’ho accettata perché era la posizione espressa dal gruppo”, ribatte Maroni. Di ulteriore ombra su “un Parlamento privo di legittimazione”, ha parlato Nichi Vendola, leader di Sel. Mentre Antonio Di Pietro, che se la prende pure con Napolitano, accusa: “C’è stato un mercato del voto per garantire l’impunità a Cosentino”.
Giuseppe Porzio
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