Napoli, 30 dicembre 2011 – La corsa è partita da tempo. Ma solo domani si capirà chi avrà vinto tra i due contendenti: il capitone o lo spread. Col primo che parte, come sempre, con la forte spinta dell’immancabile tradizione e di quella che, da queste parti, definiscono ‘a crianza. Ce la può fare. Ce la faranno i napoletani, e non solo quelli, a vincere l’incubo di tasche che si ritrovano vuote a una distanza sempre maggiore dalla fine del mese, e gettarsi a capofitto nei mercatini e nelle pescherie, pensando che poi Dio ci pensa. I conti si faranno solo domani sera. Frattanto, c’è quel brutto antagonista di cui nessuno, fino a qualche mese fa, ne conosceva il nome, ma che parte con tutti i saluti della crisi: l’indicatore economico chiamato spread. Che in pochi sanno come si calcola né perché sale o scende, ma sanno che quando sale sono guai. E allora sarebbe meglio tenere il piatto mezzo vuoto, guardandolo mezzo pieno. E brindare senza troppo spreco di ciò che è contenuto nella bottiglia che si va a stappare. Detta così, il vincitore sarebbe già annunciato. Ma nulla è perduto. Sul fronte tradizione, si muovono in molti. A cominciare dai negozianti di strada, quelli dei mercatini di Natale. Che sulle tariffe di base hanno imposto un loro personale calmierante. Innanzitutto, non c’è stato aumento rispetto agli anni scorsi, ma di certo si è investito poco sulle pietanze più care, per le quali si è soliti fare uno strappo alla regola del portafoglio solo nell’ultimo giorno dell’anno. Conclusione, il pesce sulle tavole del 31 langue e languirà. Più che una spigola di mare, meglio quella di allevamento. Meglio ancora proiettarsi su di un bel fritto di alici, essenziale e contenuto nel prezzo. Dolci, manco a parlarne. Che la gran parte di chi li mette in tavola, se li è fatti da se o se li è fatti regalare. Ma per capire come andrà, bisognerà attendere un giorno ancora. Per adesso lo spread batte il capitone di parecchie lunghezze.
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