Napoli, 20 giugno 2011 – Arrivavano persino a mutilare le vittime cadute nella loro rete di usura che contava un giro di affari di circa 250.000. A conclusione dell’Operazione denominata Fiducia, portata a termine dai carabinieri del comando provinciale di Benevento, è finita in manette un’intera famiglia di strozzini sannita che praticava tassi fino al 350%. Si tratta di Patrizia Matuozzo, di suo figlio Paolo Nizza e del genero, Marco Giorgione, questi ultimi poco più che ventenni. Rispettivamente moglie, figlio e genero di Cosimo Nizza, boss dell’omonimo clan di Benevento, ucciso due anni fa in un agguato camorristico. Dopo la morte del marito, infatti, la Matuozzo aveva preso le redini del clan, specializzato in racket ed estorsione, senza tralasciare persecuzioni fisiche e psicolgiche, ai danni di una ventina di imprenditori beneventani. Da qui l’accusa di “abuso creditizio finalizzato ad usura” e di associazione a delinquere di stampo mafioso che ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta del pm presso la Direzione Distrettuale Antimafia. Secondo la ricostruzione degli uomini dell’Arma, la banda concedeva alle vittime prestiti con tassi esorbitanti. Spingendosi anche fino alla menomazione fisica delle vittime. Come quella volta in cui ad un imprenditore fu tagliato il lobo di un orecchio. L’operazione Fiducia, chiamata così poichè le vittime, con la loro collaborazione, hanno avuto fiducia nell’operato della Magistratura e dei Carabinieri, ha portato in carcere anche altri familiari del boss defunto. Due Antonio Nizza, rispettivamente di 66 e 41 anni; Daniele Sacha Zidani di 36 anni; Angelo Pilla, 50 anni, e Vincenzo Matuozzo di 54 anni.
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