Castellammare di Stabia, 25 maggio 2011 Si è scritto ieri in aula uno dei capitoli più importanti del processo per l’omicidio di Gino Tommasino, il consigliere stabiese del Pd ucciso dagli uomini del clan D’Alessandro nel febbraio 2009. Al processo ai killer, dinanzi la quarta sezione penale della Corte d’Assise di Napoli, ha testimoniato il fratello del politico, Giovanni. Alle dichiarazioni già fatte nel corso della scorsa udienza ne ha aggiunte altre che indirizzano il delitto proprio verso il clan D’Alessandro di Castellammare. Il testimone ha voluto ricordare due episodi fondamentali per attribuire la paternità del delitto. Giovanni Tommasino ha, infatti, raccontato che pochi giorni prima dell’omicidio il fratello era stato schiaffeggiato in strada, nella zona dei cantieri navali stabiesi. E ha anche aggiunto che nei giorni successivi Gino aveva incontrato uno dei ras del clan: Sergio Mosca. L’uomo di fiducia dei D’Alessandro l’aveva chiamato per parlargli; sul contenuto della conversazione, però, il fratello non ha saputo fornire indicazioni. A gettare però ombre sulle «rivelazioni» di Giovanni Tommasino è stata proprio una sua ammissione, secondo cui aveva già letto il contenuto dei verbali dei collaboratori di giustizia riguardo l’omicidio. Una confessione in buona fede che rischia però di rendere inattendibili le sue dichiarazioni. Nel corso della prossima udienza, fissata per il 7 giugno, l’accusa continuerà ad ascoltare i testimoni per far luce sul delitto. Un delitto che sollevò ombre sulla gestione della cosa pubblica all’ombra del Vesuvio dove la collusione tra istituzioni e camorra resta purtroppo una triste realtà.
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